Di Titti un pò

Per caso, per passione..

Quell’anno in cui il Natale…

su 17 dicembre 2012

albero

In occasione del progetto per il regalo di compleanno alla cara Iaia, al quale ho partecipato con immensa gioia, e che ha permesso la pubblicazione di una rivista sul Natale di cui vado fiera, ho scritto alcune parole di ricordi, famiglia e amore che si intitola come questo post e che vorrei riportare qui di seguito, per una più facile consultazione.

Ho sempre amato il periodo natalizio.

Fin da quando, bambina, dopo un viaggio lunghissimo che sembrava non finire mai, ci si riuniva con tutta la famiglia nella casa dei miei nonni materni e si trascorreva tutti insieme la sera della Vigilia, cenando ad una tavola immensa, imbandita di ogni prelibatezza sicula che la nonna, come un mago che tira fuori qualsiasi cosa dall’interno del suo cappello a cilindro, aveva il dono di far magicamente apparire in quantità industriali, pur disponendo nella sua cucina soltanto di due patate, tre zucchine ed una melanzana. Poi si continuava la serata giocando insieme a Baccarat e alla Roulette, come se fossimo tutti giocatori in un gran casinò ed il nonno fosse il croupier, attendendo il momento in cui si sarebbero scartati i regali che Babbo Natale aveva deposto sotto l’albero per tutti i presenti. E non si dimenticava mai di nessuno! Persino del tale amico della zia che veniva in visita dall’America o del parente giunto all’ultimo momento senza preavviso. E persino per quella sgradevole prozia anziana, capricciosa e viziata, che non riusciva ad essere gentile con nessuno, nemmeno impegnandosi sul serio, neppure con chi la ospitava. Per ognuno c’era sempre un pensiero, un gesto affettuoso, un abbraccio caldo e accogliente. Tutti, a casa dei nonni, venivano ospitati con gioia e generosità.

Ricordo che la sera della Vigilia di Natale era quella in cui a me e a mia sorella era consentito di restare in piedi fino a tardi e noi, per questo, ci sentivamo grandi. E ci sentivamo bellissime, con un fiocco tra i capelli, le scarpette di vernice ed il vestito della festa (che aveva una gonna lunga di velluto a fiorellini), tagliato e cucito con tanta cura, appositamente per l’occasione, dall’amatissima nonna paterna, del quale avevo seguito con trepidazione tutte le fasi della preparazione.

La nonna purtroppo restava sempre sola a casa e non condivideva con noi la gioia della festa, che si svolgeva a casa degli altri nonni, anche se tutti noi la sentivamo comunque sempre vicina. Ed io ancora la sento vicina come allora e talvolta mi rivolgo a lei con il pensiero; la porto con me ovunque io vada, in una piccola foto in cui lei è bellissima ed il suo sorriso le illumina il volto.

Solo anni dopo, crescendo, ho realizzato completamente che avrei potuto godere della sua presenza in molti Natali, che avrei voluto tanto abbracciare anche lei, con tutti gli altri, in quelle occasioni di condivisione familiare, e quanto poco tempo avrei avuto in seguito per dirle e ripeterle quanto l’amassi.

Ricordo le risate, il rumore, i profumi, l’atmosfera… Ricordo che l’ultima ad arrivare tra noi, dopo il lavoro, era la mia zia Cecilia, il nostro vero Angelo del Natale, che anche se stanca non ci faceva mai mancare il suo dolcissimo sorriso; la si aspettava per metterci tutti a tavola ed inaugurare così i festeggiamenti, onorando la tavola imbandita. Adesso lei è lassù tra tutti gli altri angeli e ha lasciato un vuoto enorme, incolmabile, uno squarcio nei nostri cuori, anche se io continuo ad immaginarla sempre dolce e sorridente quaggiù accanto a tutti noi.

il nonno si divertiva un mondo a prendere in giro noi bambine, accanite nel gioco con pochissimi spiccioli, fingendo di vincere sempre lui e facendoci arrabbiare. Ricordo come ero attenta ad osservare la pallina girare nel piatto della Roulette e come attendevo col fiato sospeso, in completo silenzio, che la pallina si fermasse in una casella e venisse dichiarata la vittoria del tal numero, rosso o nero, pari o dispari.

Ricordo l’emozione e l’eccitazione che accompagnavano quelle giornate, ricordo i capricci da bimba per non voler andare a dormire cercando così il modo di evitare di spezzare improvvisamente (ed inevitabilmente) quell’atmosfera festosa e ricordo le lacrime quando, dopo la festa, arrivava il momento di dover tornare a casa.

Ricordo infine quell’anno, quando non fu proprio possibile andare a trascorrere il Natale con la famiglia come di consueto, e ricordo in particolare la mattina di Natale, molto presto, quella telefonata che comunicava, anziché gli auguri, la morte del mio adorato nonno, facendo svanire nel nulla per sempre la speranza di trascorrere ancora dei bellissimi Natali in famiglia. Quello fu l’anno in cui finì la magia. Rien ne va plus, les jeux sont faits.

Quei giorni non tornano più da molti, moltissimi anni. Ma io continuo ad amarlo, il Natale. Continuo, come vuole la tradizione, nel giorno di Santa Cecilia, in onore ed in ricordo di quell’Angelo del Natale che non è più tra noi, ad addobbare la casa a festa, a preparare l’albero di Natale e ad allestire il mio Presepe. Continuo, nel mio piccolo, ad imbandire la tavola come l’avrebbe voluta mia nonna ed a proporre giochi, come se il nonno potesse ancora giocare con me, anzi contro di me. E fingerei di arrabbiarmi, se ci fosse, per vederlo ridere ancora una volta, e sarei felice fino alle lacrime, ma non glielo direi per non dargli quella soddisfazione. Infine vorrei confezionare decorazioni natalizie e regali per gli amici cari con l’aiuto della mia nonna paterna, come quando da bambine, ci aiutava a cucire gli abitini per le nostre bambole.

Ho sempre tenuto moltissimo ai dettagli: sia il mio albero, sia il mio presepe sono carichi di ricordi. L’albero l’ho voluto scegliere tra tanti, il più grande e maestoso, che dominasse l’ambiente dove viene decorato e che diventasse l’attrazione principale per tutto il mese delle feste. E l’ho voluto luminoso, molto luminoso, arricchito da mille giochi di luci che lo rendono incantevole e magico. Ogni decorazione, ogni pallina, ha una sua storia, un ricordo di Natale legato ad essa. C’è il pupazzetto di pannolenci che mi è stato regalato l’anno della nascita di mio figlio e che così tanto gli somiglia. C’è la stellina ricamata a punto croce da mia sorella che da lei ho ricevuto in dono. C’è la pallina speciale, di un delizioso color rosa, che apparteneva all’albero di mia nonna, poi si è spostata sull’albero dei miei genitori e infine sul mio. Ci sono le splendide campanelle di porcellana, che fanno un così gradevole suono e che mi sono state regalate dalla mamma. C’è il carillon di Babbo Natale con i suoi elfi, regalo di papà, che nonostante gli anni, funziona ancora perfettamente. C’è il gattone giallo di vetro con in testa un passerotto che rappresenta da sempre la mia gatta Martina (e scrivo “da sempre” con cognizione di causa, considerato il fatto che lei è con me da 19 anni. Praticamente c’è da tutta la mia vita. Ancor prima che ci fosse mio figlio, ancor prima che morissi e rinascessi). C’è, infine, l’angelo dorato di cartapesta che dall’alto della punta dell’albero, dov’è posto, distribuisce i suoi baci a tutti i presenti.

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Ma sopratutto ci sono le “mie” decorazioni. Mie perché fatte da me, quindi uniche al mondo. Tutte confezionate con cura, una dopo l’altra, e tutte realizzate nello stesso anno in cui, a causa di un serio incidente stradale, fui costretta a casa dal lavoro per lungo tempo.

Chi mi conosce bene sa che non so star ferma, devo sempre avere la mente e le mani occupate a fare qualcosa, altrimenti mi annoio. Ecco, quel particolare anno, forse per la paura del lungo periodo d’inattività o magari forse per la gioia di avere tanto tempo da impiegare in attività extra lavorative così adorabilmente femminili e deliziosamente superflue, mi dedicai anima e corpo alla realizzazione di palline decorate con la tecnica del decoupage, del patchwork e del craquelè. O, per meglio dire, mi dedicai alla mia personalissima interpretazione di queste tecniche decorative aggiungendo qui e là qualche sprazzo di imprecisione, di improvvisazione e di casualità, adottando, sopra tutte le altre, la tecnica del caos, applicata ai pasticci natalizi.

E così, di pomeriggio in pomeriggio, nella mia cucina, fu avviata una riuscita catena di montaggio per realizzare palline di Natale, stelle, ghirlande, campanelle e angioletti di ogni fattura.

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Devo ammettere, ad onor di cronaca, che la soddisfazione per la (quasi) completa riuscita di tale operazione è però stata tardiva. Difatti le mie decorazioni le ho apprezzate nel tempo, ogni anno un po’ di più, mentre appena realizzate le trovavo piuttosto difettose e grossolane.

Forse perché oramai anch’esse, trasformatesi in piacevoli ricordi, mi proiettano un’affettuosa e nostalgica immagine ormai lontana di me stessa, ostinata ed intenta a portare a termine ognuna di quelle decorazioni; forse perché compagne di tanti pomeriggi solitari, forse soltanto perché mi suscitano un brivido di gioia, e non nascondo affatto la soddisfazione e il velato piacere di scartarle, anno dopo anno, ritrovandole, e di collocarle al giusto posto scelto per ognuna di esse sull’albero; le mie palline di Natale sono e restano una solida certezza, un modo personale, tutto mio, di celebrare il Natale per me e per la mia piccola sgangherata famigliola; un modo per ricordare chi c’è e chi non c’è più; una maniera originale per sconfiggere la paura della solitudine; un benvenuto amichevole per tutti coloro che ci saranno; una festa per salutare il vecchio che va ed accogliere al meglio il nuovo che arriva; un modo come un altro di sincerarmi che, se voglio, posso farcela, e che posso fare ancora qualsiasi cosa.

Benvenuto Natale, anche quest’anno!

me&cri young


13 responses to “Quell’anno in cui il Natale…

  1. pani ha detto:

    quanti bei ricordi….e finalmente queste blog si sta popolando. Ma dov’è il gattone giallo di vetro?

  2. pani ha detto:

    e non solo, ne hai aggiunte altre. Bel gattone, ha una coda interrogativa

  3. Katia ha detto:

    Bravissima Titti, ora che sei partita, chi ti ferma più?! I tuoi ricordi sono bellissimi!!!!!!

    • tittisissa ha detto:

      Grazie Katia tesoro, l’unica cosa che mi frena, ti giuro, è la mancanza di tempo libero. Ma. Celapossofarcela. E grazie, grazie infinite per le tue belle parole e per esserci sempre 🙂

  4. spiessli ha detto:

    Era ora perbacco!
    Non potevi riaprire i battenti in modo migliore: questo post mi ha emozionata, lo sai. Davvero bello.
    Adesso però teniamolo aperto ‘sto blog eh, le premesse ci sono e sono ottime!

  5. verbasequentur ha detto:

    Bellissimo post sul Natale, veramente bellissimo.
    Anche io adoro Natale, le feste e gli addobbi…ogni anno per l’albero prendo qualche pallina o addobbo diverso e speciale (col mio fidanzato che borbotta che siamo già pieni e che bisogno c’è?) perchè ricordo, da bambina, la gioia di quando facevamo l’albero, e scartare ogni pendaglio dalla carta in cui veniva riposto, sperando di trovare i miei preferiti, la casetta, il babbo natale di vetro, la caramella rossa di vetro soffiato, il cogniglietto… Piano piano anche il mio albero sarà un insieme di piccoli addobbi ognuno speciali a modo suo.

    • tittisissa ha detto:

      La gioia del ricordo è la molla che scatta ogni anno e che ci fa addobbare l’albero, e il presepe, e la porta di casa….
      Cara Verbasequentur, benvenuta! Per me, il modo migliore per celebrare questa festa è rinnovarla ogni volta coi ricordi più belli, aggiornandola sempre di nuovi. Se ogni decorazione richiamerà alla mente un nuovo momento di gioia, allora l’albero sarà sempre ricco e splendido! Per me tu fai benissimo, non curarti del commento del tuo fidanzato 😉

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